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capitolo vii 161


che con sommo applauso recitava le parti di Pantalone nelle compagnie volanti. Si fece venir subito a Venezia per provarlo. Possedeva ottime disposizioni con la maschera, ed era assai migliore a viso scoperto. Aveva una bella figura, una bella voce, e oltre ciò cantava a maraviglia. Questi era Antonio Mattiuzzi, detto Collalto, della città di Vicenza. Quest’uomo di buona educazione, e che non mancava d’ingegno, conosceva solamente le antiche commedie dell’arte, onde avea bisogno di essere istruito nel nuovo genere che introducevo. Presi per lui molta propensione, e n’ebbi somma cura; egli mi ascoltava con somma fiducia, e la sua docilità mi impegnava a di lui favore un giorno più dell’altro; seguitai dunque la compagnia a Bologna e Mantova, ad oggetto di portare alla sua perfezione un buono attore divenuto già mio amico. Nei cinque mesi da noi scorsi in quelle due città della Lombardia, non perdetti il tempo, e lavorai giorno e notte; ritornammo poi al principio dell’autunno a Venezia, ove eravamo aspettati con la massima impazienza. Aprì gli spettacoli una commedia che aveva per titolo Il Teatro Comico. L’avevo già annunziata, e fatta pubblicare nell’affisso per commedia di tre atti, ma, per vero dire, altro essa non era che una Poetica messa in azione e distribuita in tre parti.

Nel compor quest’opera mi venne l’intenzione di porla alla testa d’una nuova edizione del mio teatro, ma prima ebbi caro d’istruire le persone che non hanno piacere di leggere, impegnandole così ad ascoltare in scena quelle massime e correzioni, che avrebbero forse recato loro noia in un libro. Il luogo della scena in questa commedia è fisso, poichè nel teatro stesso appunto debbono i comici riunirsi per provare una commediola intitolata Il Padre rivale di suo figlio. Il direttore apre la scena con Eugenio suo compagno, cui tien discorso dell’impaccio e dei rischi della sua direzione. Comparisce poi la prima attrice, e le dispiace di essere arrivata troppo presto lamentandosi dell’infingardaggine dei compagni. Questi tre attori di discorso in discorso cadono sull’impegno del loro autore, dal quale prima del termine dei teatri erano state promesse al pubblico sedici commedie nuove da eseguirsi nel corrente anno. La signora Medebac assicura tutti che l’autore manterrà la sua parola, annunziando intanto i seguenti titoli. Il Teatro comico: Le Donne puntigliose: Il Caffè: Il Bugiardo: L’Adulatore: L’Antiquario: La Pamela: Il Cavalier di buon gusto: Il Giuocatore: La Finta Malata: La Moglie prudente: L’Incognita: L’Avventuriere onorato: La Donna volubile e I Pettegolezzi. Eugenio osserva che nel numero delle sedici commedie nominate, e da lui ben contate, non era incluso Il padre rivale di suo figlio, di cui si faceva allora la prova. Questa, soggiunse allora il direttore, è una operetta che l’autore ci ha data per sopra più. In questo mentre entra Collalto in abito da città, tutto tremante per il timor del pubblico; il direttore gli fa coraggio, egli dice a maraviglia una scena, da me composta espressamente per farlo applaudire, ed è ricevuto nella maniera più decisiva e più atta ad incoraggire. Compariscono gli attori e le attrici, uno dopo l’altro, e il direttore in questo tempo suggerisce ora qua ed ora là, avvertimenti, che senza pretensione e pedanteria possono addirittura chiamarsi regole dell’arte e veri principii d’una nuova poetica. Indi riassume la prova della piccola commedia, e quivi appunto comparisce il Pantalone con la maschera. È trovato buono ed acquista subito una grande considerazione. È interrotta la repetizione: un autore viene a proporre alla compagnia temi del cattivo gusto dell’antica