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152 parte seconda


bile di scuoter la fermezza della virtuosa orfanella: il marchese la fa rapire, ed essa resiste sempre; le fa inclusive la proposizione di maritarla al vero amante, che era figlio del suo gondoliere, ma Bettina ricusa di accettare il matrimonio per mezzo di lui. Questa rappresentazione ha molto brio, molto intreccio, molti accidenti. Il marchese essendo ammogliato, giunge alla signora marchesa consorte la notizia della nuova passione di suo marito; essa prende a sdegno Bettina, ma vedutola, e parlatole, diviene la sua amica e la sua protettrice. Intanto Lelio, creduto figlio di Pantalone, arriva da Livorno, ove era stato allevato fino dai primi anni: non conosce di persona suo padre, e differisce di andare a trovarlo ad oggetto di goder con libertà i divertimenti del carnevale di Venezia. Lelio è un libertino, che scarseggia a danari, e che ne fa ricerca per ogni parte; il marchese fa a lui la proposizione di bastonare un uomo, che gli aveva mancato di rispetto, e Lelio s’incarica di eseguire la commissione. Pantalone si difende, e nel difendersi dice il suo nome; Lelio allora riconosce il padre, e fugge; ma è arrestato, e si risolve di relegarlo nelle isole dell’Arcipelago. La vera madre di questo disgraziato, moglie del gondoliere del marchese, è forzata a parlare; Lelio è suo vero figlio, e Pasqualino quello di Pantalone. Essa era stata nutrice di quest’ultimo e l’aveva barattato per far la sorte di suo figlio. Bettina vede il suo amante divenuto ricco e per tal ragione crede d’averlo perduto per sempre; ma Pantalone ricompensa la virtù dichiarandola sua figliastra. Nel compendio che attualmente fo di questa commedia, vi si potrebbe scorgere una doppia azione; ma leggendo la composizione si vedrà che l’azione è unica, e che il riconoscimento di Pasqualino era troppo necessario alla catastrofe di Bettina. Vi sono in questa commedia scene di gondolieri veneziani prese dalla natura sommamente divertevoli per quelli che hanno cognizione del linguaggio e dei modi del mio paese. Veramente volevo riconciliarmi con questa classe di servitori, ben meritevoli di qualche attenzione, e che era malcontenta di me. In Venezia i gondolieri hanno posto agli spettacoli solamente quando la platea non è piena, e siccome non potevano entrar mai alle mie commedie, ed erano obbligati ad aspettare i padroni per istrada o nelle respettive loro gondole, io stesso gli avevo intesi caricarmi di titoli molto faceti e propriamente da scena, però m’adoperai affinchè ottenessero alcuni posti negli angoli della platea; essi rimasero incantati, vedendo rappresentare sè stessi, ed io divenni il maggior loro amico. Questa commedia ebbe il migliore successo che potessi desiderare, e la chiusura del teatro non poteva esser più bella nè più soddisfacente. Ecco adunque la mia riforma già ben avanti. Che felicità! che piacere per me!

CAPITOLO III.

Critiche, controversie ed opinioni diverse sopra le mie nuove commedie. — Mia maniera di pensare sull’unità di luogo. — Spiegazione e utilità del termine protagonista. — Alcune parole sopra le commedie dai Francesi chiamate drammi.

Mentre andavo lavorando sopra gli antichi fondamenti della commedia italiana, e producevo solamente commedie, parte scritte e parte a braccia, mi lasciavano godere con tutta pace gli applausi