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capitolo lii 141


l’albergo ov’ero alloggiato, ed io gli feci la lettura della mia commedia; ne parve contentissimo, e con molti complimenti, e con riverenze e parole tronche, mi lasciò con galante modo la scommessa da lui vinta, e per evitare i ringraziamenti fuggì col pretesto di andare a comunicare il mio lavoro al direttore. Renderò conto di quest’opera nell’occasione della sua prima rappresentazione a Venezia: ora debbo trattenere il lettore sopra qualche altra cosa più importante.

CAPITOLO LII.

Visita al signor Medebac, che mi obbliga di andare a desinar da lui. — Ritratto della signora Medebac. — La commedia della Donna di garbo da me veduta per la prima volta. — Riepilogo di questa rappresentazione. — Mio impiego con Medebac. — Addio a Pisa. — Mia partenza.

Dopo il colloquio tenuto col Darbes, guardo l’orologio, e vedo che sono due ore dopo mezzogiorno. Era troppo tardi per andare a mangiare da qualcun de’ miei amici, onde feci ordinare il pranzo alla cucina dell’albergo. Mentre si apparecchiava, mi venne annunziato il signor Medebac. Entra, mi ricolma di garbatezze, e mi invita a desinare a casa sua. La minestra era già in tavola: dunque lo ringraziai. Il Darbes, ritornato da me in compagnia del direttore, va a prendere il mio cappello ed il bastone, e me li presenta. Il Medebac insiste; il Darbes mi prende per il braccio sinistro, l’altro per il braccio destro; mi si gettano addosso, mi trascinano: bisogna andare.

Nell’entrare in casa del direttore, venne ad incontrarmi alla porta dell’anticamera la signora Medebac, attrice stimabile per i suoi costumi, non meno che per il suo ingegno: era giovine, bella, ben fatta. Mi fece la più garbata e graziosa accoglienza. Insomma, entrammo a tavola. Il desinare era di famiglia, ma per altro assai decente, e servito con la massima pulitezza. Essendosi in quel giorno messo l’affisso per una commedia dell’arte, mi si usò anche la gentilezza di mutarla, e di rappresentare Griselda, aggiungendovi, tragedia del signor Goldoni. Benchè questa composizione non fosse intieramente mia, n’era nulladimeno lusingato il mio amor proprio, onde andai a vederla nel palchetto che mi era stato assegnato. Fui estremamente contento della signora Medebac, che recitava la parte di Griselda. La sua natural dolcezza, l’espressiva sua voce, la sua intelligenza, la sua azione la rendevano agli occhi miei un oggetto simpatico ed un’attrice stimabile al disopra di tutte quelle che io già conosceva. Fui però assai più contento il giorno seguente alla rappresentazione della Donna di garbo, stata fin allora la mia commedia favorita. L’aveva composta in Venezia per la signora Baccherini, e dovevo vederne a Genova, la prima sua recita, ma morì l’attrice avanti di rappresentarla, onde non ebbe luogo altrimenti il mio viaggio per Genova; era dunque la prima volta che compariva a’ miei occhi. Che piacere per me vedendola recitare così bene!

Ecco appunto l’opportunità di entrar nei particolari di questa rappresentazione, da me solamente annunziata nel capitolo XLIII. Rosaura, figlia di una lavandaia della città di Pavia, aveva occasione di vedere molti studenti ed alcuni professori dell’università in casa di sua madre; era anche nel caso di coltivare la sua inclinazione alle lettere, e di procurarsi nel tempo stesso un onorevole colloca-