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102 parte prima


buona a tutto, ella canta tutto. — Sì, signore, avete ragione, datemi dunque il libretto e lasciatemi fare. — Non posso disfarmene: ne ho troppo di bisogno, e me ne fanno troppa premura. — Ebbene, se voi siete sollecitato, prestatemelo almeno per un momento, io vi soddisfarò subito nell’atto. — Nell’atto? — Sì, signore, nell’atto. —

Burlandosi l’abate di me, mi presenta il dramma, e mi dà carta e calamaio; ripiglia il suo breviario, e passeggiando torna a recitare i suoi salmi ed i suoi inni. Rileggo la scena di cui avevo già tutta la notizia, fo la recapitolazione di ciò che il maestro desiderava, e in meno di un quarto d’ora stendo sul mio foglio un’aria di otto versi, divisa in due parti; chiamo l’ecclesiastico e gli fo vedere la composizione. Vivaldi legge, aggrinza la fronte, rilegge da capo, e prorompe in gridi di gioia: getta il suo breviario per terra, e chiama la signorina Giraud. Ella viene: Ah! le disse, eccovi un uomo raro, un poeta eccellente: leggete quest’aria: è stata fatta da questo signore senza muoversi di qui in meno di un quarto d’ora; indi a me rivolto: Ah! signore, vi domando perdono. — Mi abbraccia, e protesta, che non avrà mai altro poeta che me. Mi affidò il dramma, mi ordinò altre variazioni, e sempre di me contento, l’opera riuscì a maraviglia.

Eccomi dunque iniziato nell’opere, nella commedia, e negl’intermezzi, che furono i precursori dell’opere comiche italiane.

CAPITOLO XXXVII.

I miei comici a Padova. — Mutazioni succedute nella compagnia. — Mia predilezione per una bella comica. — Griselda, tragedia. — Mio viaggio a Udine. — Colloquio con la mia antica acquacedrataia. — Spettacolo preparato all’apertura del teatro di Venezia. — Morte della mia bella comica.

La compagnia Grimani era passata a Padova per farvi le sue recite nella stagione della primavera, aspettandomi con impazienza per porre in scena le mie rappresentazioni. Sbrogliato dall’opere di Venezia, mi trasferii a Padova, e sul teatro appunto di questa città comparvero per la prima volta le mie composizioni. Gli applausi de’ miei confratelli dottori eguagliarono quelli de’ miei compatrioti. Trovai nella compagnia molte mutazioni: la servetta era partita per Dresda per prender servizio a quella Corte, ed essendo stato ringraziato l’Arlecchino, s’era fatto venire in sul luogo il signor Campagnani di Milano, che fra i dilettanti era la delizia del suo paese, ed era insoffribile tra i comici. La perdita però più considerevole che la compagnia aveva fatta era quella della vedova Casanuova, la quale, malgrado la lega in cui era col direttore, si era impegnata al servizio del re di Polonia; pel canto, le fu sostituita la signora Passalacqua, che nel tempo istesso si addossò la parte di servetta, essendosi fatto acquisto per le parti di prima amorosa della signora Ferramonti, graziosa attrice, giovine, bella, amabilissima, molto colta, piena d’ingegno, e di qualità eccellenti. Mi accorsi subito del suo merito, sentii per lei un affetto particolare, divenni amico di suo marito che non aveva impiego alcuno tra i comici, ed avevo concepito l’idea di rendere questa giovane una vera attrice. Non lasciarono le altre donne di esserne gelose; e provai pertanto parecchi disgusti, e ne avrei sofferti anche di più, se la morte non l’avesse tolta al mondo in quell’anno istesso. Dopo