di ottobre; vi è però ne’ quindici giorni della fiera dell’Ascensione una grand’opera, e qualche volta due, che hanno venti sole rappresentazioni. Il nobile Grimani, proprietario di San Samuele, dava in questa stagione un’opera per suo conto; e siccome mi aveva promesso di occuparmi in questo spettacolo, mi mantenne la parola. Non si doveva esporre in quell’anno un dramma nuovo; si era bensì scelta la Griselda, opera d’Apostolo Zeno e del
Pariati, che lavoravano insieme, prima che lo Zeno partisse per Vienna al servizio dell’imperatore: ed il maestro che doveva mettere in musica era l’abate Vivaldi che si chiamava per la sua capigliatura il prete rosso. Si conosceva più per questo soprannome che per il suo vero casato. Questo ecclesiastico, eccellente sonator di violino e mediocre compositore, aveva allevato ed addestrato al canto la signorina Giraud, giovine cantatrice, nata in Venezia, e figlia d’un parrucchiere francese. Non era bella, ma aveva grazia, un gentil personale, occhi belli, bei capelli, una graziosa bocca, poca voce, ma molta azione. Era appunto quella che doveva rappresentare la parte di Griselda. Il signor Grimani adunque mi mandò a casa del maestro per fare a quest’opera le necessarie mutazioni, tanto per scorciare il dramma, quanto per variare la condizione dell’arte ad arbitrio degli attori e del compositore. Andai pertanto dall’abate Vivaldi, e mi feci annunziare per parte di sua eccellenza Grimani: trovai quell’uomo circondato di musica, e col breviario in mano. S’alza, si fa un segno di croce in tutta la sua lunghezza e larghezza, mette da parte il breviario, e mi fa il solito complimento: — Qual’è il motivo che mi procura il piacere di vedervi, o signore? — Sua eccellenza Grimani mi ha incaricato delle mutazioni che voi credete necessarie nell’opera per la prossima fiera, onde io vengo appunto ad intendere quali siano le vostre intenzioni. — Ah! ah! Voi dunque siete incaricato delle mutazioni dell’opera della Griselda? Non è più addetto agli spettacoli del signor Grimani il signor Lalli? — Il signor Lalli che è molto avanzato in età, goderà sempre il profitto delle lettere dedicatorie e della vendita dei libri, cose delle quali io non m’incarico. Io avrò il piacere di occuparmi in un esercizio che deve divertirmi, e avrò l’onore di cominciare sotto gli ordini del signor Vivaldi. — L’abate riprende il suo breviario, si fa un altro segno di croce, e non risponde. — Signore, gli dissi allora, non vorrei distrarvi da un’occupazione così religiosa, tornerò in altro momento. — Io so molto bene, mio caro signor Goldoni, che voi avete genio per la poesia, ho veduto il vostro Belisario, e mi è molto piaciuto, ma qui la cosa differisce assai; si può fare una tragedia, un poema epico, quello che volete, e non saper poi fare una quartina per la musica. — Mi fareste la grazia di mostrarmi il vostro dramma? — Sicuro, sicuro; vi voglio compiacere; dove diavolo si è cacciata questa Griselda? Era pur qui... Deus in adiutorium meum intende... Domine... Domine... Domine... Or ora era qui. Domine ad adiuvandum... Ah! eccola. Esaminate un poco questa scena fra Gualtiero e Griselda: è veramente una scena che va al cuore. L’autore vi ha posto in ultimo un’aria patetica; ma la signorina Giraud non ama il canto lugubre: ella desidererebbe un pezzo di espressione e di moto, un’aria che esprima la passione in differenti guise, con discorsi, per esempio, interrotti, con sospiri vibrati, con azione, con moto; non so se mi intendiate. — Sì signore, capisco a maraviglia; e poi ho avuto l’onore di sentire la signorina Giraud altre volte, so che la sua voce non è grandissima... — Come, signore! voi insultate la mia scolara? Ella è