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GOGOL

venivano incontro all’ospite; ma molto piú numerosi erano quelli che fuggivano prima che egli arrivasse. Tutti sapevano ch’era un’ardua impresa aver da fare con la moltitudine insolente e battagliera conosciuta sotto il nome di esercito saporogino, che sotto l’apparenza di uno sfrenato disordine celava un ordinamento ben calcolato per il tempo della battaglia. Gli uomini a cavallo procedevano senza affaticare e senza riscaldare le loro bestie, e i pedoni marciavano in buon ordine dietro i carriaggi, e tutto il tàbor non si muoveva se non di notte, riposando durante il giorno, e scegliendo per questo luoghi deserti, disabitati, e boschi, di cui allora c’era grande abbondanza. Si spedivano innanzi delle spie e degl’incaricati di sapere e appurare il dove, il che e il come. E spesso nei luoghi dove meno che altrove si poteva aspettarli, essi apparivano all’improvviso — e allora tutto dava un addio alla vita: gl’incendi avvolgevano i villaggi; bestiame e cavalli, se non si menavano verso l’esercito, si ammazzavano subito sul posto. Si sarebbe detto che badassero piú a fare baldoria che a compiere il loro cammino. Si drizzerebbero i capelli in testa oggi per gli orrendi saggi della crudeltà di quel secolo semiselvaggio, che i Saporogini offrivano dappertutto. Bambini truci-


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