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GOGOL

bere largamente a tutti, e i cosacchi avvinazzati, in un certo numero, affluirono direttamente alla piazza, dove, legati a una colonna, si trovavano i timpani con cui si soleva battere l’invito per l’adunanza del consiglio. Non avendo trovato il bastone, sempre custodito dal tamburino, presero un pezzo di legno per ciascuno e cominciarono a battere sui timpani. Al rumore accorse prima d’ogni altro il tamburino, un uomo alto, con un occhio solo, che, a parte questo, era anche terribilmente insonnolito.

— Chi ardisce percuotere i timpani? — cominciò egli a gridare.

— Zitto! Prendi i tuoi bastoni e batti, quando ti si dà l’ordine — risposero gli anziani ubbriachi.

Il tamburino cavò dalla tasca i bastoni, ch’egli aveva presi con sé, conoscendo molto bene come andavano a finire simili avvenimenti. I tamburi rullarono, e presto, come sciami di pecchioni, cominciarono a raccogliersi nella piazza i neri gruppi dei Saporogini. Tutti s’adunarono in cerchio, e dopo il terzo rullo, finalmente, comparvero gli anziani: il Koscevoj portando in mano la mazza come segno della sua dignità, il giudice col suggello della comunità cosacca, lo scrivano col calamaio e l’esaul con la bacchetta. Il Koscevoj e gli anziani si cavarono il


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