Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/220


GOGOL

di lui: è vivo? è nella tomba? o non è neppure nella tomba ormai? Andrò a vedere, sia quello che sia!».

E in capo a una settimana si trovava già nella città di Uman, armato a cavallo, con la lancia, la spada, la borraccia sulla sella, la gavetta con l’orzo abbrustolito, le cartucce, le pastoie per il cavallo e ogni altro arnese. Andò difilato a una casupola sudicia e imbrattata, le cui piccole finestre si vedevano appena, tanto erano annerite non si sa di che cosa; la canna del camino era tappata con uno straccio, e il tetto bucherellato era tutto pieno di passerotti. Un cumulo d’ogni sorta d’immondizie giaceva proprio avanti la porta. S’affacciò alla finestra la testa di una ebrea con una cuffia ornata di perle annerite.

— È in casa tuo marito? — domandò Bul’ba mentre scendeva da cavallo e legava le briglie a un anello di ferro che era sulla porta stessa.

— È in casa — disse l’ebrea, e s’affrettò ad uscire con una pala di fieno per il cavallo e un gotto di birra per il cavaliere.

— Dov’è il tuo giudeo?

— Nell’altra stanza, a pregare — seguitò a dire l’ebrea, dopo aver fatto un inchino e aver augurato buona salute, mentre Bul’ba accostava il gotto alle labbra.


218