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GOGOL

di tirare un colpo al nemico, ma gli venne meno il braccio, che ricadde giú insieme con la spada. E Kukubjenko, afferrato a due mani il suo pesante squadrone, glielo cacciò proprio in mezzo alle labbra impallidite. Lo squadrone cavò fuori due denti incisivi, tagliò in mezzo la lingua; ruppe la vertebra del collo e andò a conficcarsi lontano nel suolo. Cosí l’eroe fu sconfitto in eterno nell’umida terra. A guisa di una sorgente zampillò in alto, simile a un pioppo in riva a un fiume, il sangue rosso del nobile eroe, e tinse tutto in rosso il suo caffettano giallo ricamato in oro. Ma Kukubjenko già l’aveva lasciato, e si scagliava coi suoi compagni di Nesamajkov in mezzo a un’altra frotta.

— Ehi! ha trascurato di spogliarlo di un’armatura cosí preziosa! disse il capo-kurjenja di Uman, Borodatyj, staccandosi dai suoi verso il posto dove giaceva ucciso il nobile polacco. — Io ne ho uccisi di mia mano sette di questi nobili, ma un’armatura siffatta non la vidi addosso a nessuno. — E si lasciò sedurre dalla voglia del lucro, Borodatyj: si piegò per togliergli le armi preziose, gli cavò fuori il pugnale turco dall’impugnatura adorna di pietre preziose genuine, gli staccò dalla cintola la borsa piena di ducati, gli prese dal petto una tasca con pannilini fini, preziosi oggetti d’argento


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