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TARAS BUL'BA

chie1 che avevano ancora, sotto, la cenere calda. Vi diede un’occhiata, e rimase stupito vedendole vuote tutte e due. C’era voluta una forza piú che umana per consumare tutta quella roba, tanto piú che in quella kurjenja c’era meno gente che nelle altre. Andò a guardare nelle caldaie delle altre kurjenje... niente da nessuna parte! Senz’averne voglia ripensò al proverbio: «I Saporogini come i bambini: se ce n’è poco, mangian tutto; se molto, non ne avanza niente lo stesso». Che fare? Ci doveva essere tuttavia, a quanto pare, nel carriaggio appartenente al reggimento di suo padre, gettato chi sa dove, un sacco di pane bianco, trovato quando si andò a far preda nel forno di un convento. Andò diritto al carro del padre, ma sul carro il sacco non c’era piú: Ostap l’aveva preso e se l’era messo sotto il capo, e quivi steso a terra russava da farsi sentire per tutto il campo. Andrea afferrò il sacco con una mano e lo tirò d’un colpo, per modo che la testa di Ostap batté in terra, e quegli tra il sonno si levò su a sedere, e con gli occhi chiusi cominciò a gridare:

— Tenetelo, tenetelo quel diavolo d’un polacco! fermate il cavallo; il cavallo fermate!


  1. La «secchia» è una misura pari a litri 12,3. È facile da ciò farsi un’idea di quelle caldaie smisurate.

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