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8 NICOLA GOGOL

portare il nome suo e l’imagine della Russia fra le genti.

E tra il ’38 e il ’42 compose le Anime morte, che suscitarono nuove invettive e nuove ire. Questa volta disanimato completamente si pentì del libro pubblicato e meditò la penitenza. A Roma aveva stretto intimità con un pittore connazionale, che lavorava da più anni, incontentabilmente, ad un quadro di soggetto sacro, presso un convento di certosini.

Impressionabile e sognatore com’era s’appassionò alle sue mistiche conversazioni e si volse a studiare il problema religioso. Rinnegò i passati libri e fece pubblicare alcune lettere filosofiche, che, fra l’altre cose, favorivano l’autocrazia, esaltavano i popi e il governo russo e legittimavano la schiavitù e l’ignoranza. Tali lettere finirono di alienargli i pochi amici, fra i quali il più caro, Bielinski, che lo redarguì amaramente.

Irato, distrusse altri lavori, fra i quali il seguito dei capitoli delle Anime morte e nel ’48 andò in pellegrinaggio a Gerusalemme e nei luoghi santi. Tornò in patria infervorato ed esaltato ancora più negli eccessi mistici e trasse gli ultimi giorni nell’indigenza e nella solitudine a Mosca, ospitato dai Tolstoi.

All’antica gajezza si erano sostituiti gli accascianti timori della vita futura; e gli assalti del tifo che gli dava allucinazioni, gli presagivano prossima morte.

La quale venne pure col 21 febbrajo del 1852 mentre il vento uralico gli portava i sospiri della patria, gli aneliti degli oppressi e i plausi dei rivendicati. Al trasporto assisteva una gran folla di amici e di buoni, che avevano dimenticato gli ultimi rovinosi suoi scritti, e accompagnavano al sepolcro l’autore di tante opere letterarie che erano insieme azioni umanitarie.