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LA CARROZZA 77

generale, lo Sciampagna che scorreva a fiotti: tutto era riuscito superiore all’aspettativa.

Dopo il banchetto, con ogni ripostiglio dello stomaco piacevolmente colmo, tutti appiccarono il fuoco alle pipe e s’affacciarono al balcone colle chicchere del caffè in mano.

– Eccola: si può vederla adesso – diceva il generale. – Fammi il favore, carissimo – pregò volgendosi all’ajutante, un giovine di aspetto abbastanza svelto e simpatico; – di’ che menino un po’ qui la cavalla bruna! Ora la vedrete coi vostri occhi. (Qui il generale aspirò ed espirò una boccata di fumo.) Non è ancora troppo ben tenuta. Maledetta cittaducola! Non c’è una scuderia che valga qualcosa! La cavalla puf... puf... è un’ottima bestia.

– Ed è molto tempo, eccellenza... puf... puf... che l’avete? – disse Certokuzki.

– Puf... puf... puf... pu... puf... non molto; in tutto saranno due anni, da quando l’ho presa alla mandria.

– ... E l’avete presa già ammaestrata, o l’avete addestrata al maneggio soltanto qui?

– Puf... puf... pu... pu... pu... u... u... f! Qui.

Detto ciò il generale scomparve tutto nel fumo.

Uscì un soldato dalla scuderia; poi con calpestìo di zoccoli ne apparve un secondo, in giubba di tela bianca da fatica, con baffoni neri, tirando per la briglia la cavalla tremante e spaventata; la quale a un tratto levando il capo verso l’alto... poco mancò non avesse sollevato il soldato coi suoi baffoni, rannicchiatolesi presso.

La cavalla si chiamava Agrafèna Ivanòvna. Vigorosa e selvatica come una bella del Mezzogiorno, zampettava sull’impalcato di legno, sotto il verone, dove il soldato l’aveva condotta; ma ad un tratto si fermò.

Il generale abbassò la pipa e cominciò a guardare con aria di soddisfazione Agrafèna Ivanòvna. Anche il colonnello discese dal verone e palpò il muso di Agrafèna Ivanòvna.

Il maggiore poi battè Agrafèna Ivanòvna sulla coscia e tutti gli altri la complimentarono schioccando con la lingua.

Certokùzki scese dal verone e si fermò a osservarla per di dietro.