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70 NOVELLE UKRAINE

da me a pranzo. Oh... – e il sindaco tese il dito e abbassò il capo come se effettivamente fosse dinanzi al prefetto. – Il prefetto, sentite? verrà a casa mia... Che ne dici, segretario?... e tu, compare? Non è un onore piccolo, in verità.

– Per quanto mi rammento – riprese lo scrivano – non c’è stato sindaco che abbia ricevuto a pranzo un prefetto.

– Fra sindaco e sindaco c’è differenza – disse il sindaco con aria soddisfatta, contraendo la bocca a una smorfia, a un penoso e rauco riso, che poteva assomigliarsi al brontolio del tuono in lontananza. – Che ne dici, segretario? bisognerebbe ordinare che, per un pranzo di tanta importanza, si depositasse almeno un pollo da ogni casa... e poi un poco di tela... e... qualcos’altro, eh?

– Sì, sì...

– E le nozze, quando? – domandò Levko.

– Le nozze? Te le darei io le nozze! Ma per riguardo all’ospite illustre, domani il prete vi darà la benedizione, e poi anderete al diavolo... Presto! che il prefetto veda che cosa vuol dire essere esatti... Ora però andiamo a dormire. L’avvenimento di questa notte mi ricorda il tempo in cui ebbi l’alto onore...

– Ora il sindaco comincerà a raccontare come accompagnò la tzarina! – disse Levko, mentre pazzo per la contentezza si affrettava verso la casa dai ciliegi nani.

– Che Iddio ti dia il paradiso, buona e bella signorina! Diceva fra sè. – Che tu possa sempre sorridere fra gli angioli santi di quell’altro mondo! Non racconterò a nessuno il miracolo di stanotte; ma a te, Alia, lo racconterò: tu sola mi crederai e pregherai per l’anima della povera annegata.

S’avvicinò alla casetta: per la finestra aperta il raggio lunare penetrava a investire Anna, immersa nel sonno col viso affocato, posto sopra una mano: le labbra pronunciavano il nome di Levko.

– Dormi, bellezza mia; se tu sognassi quanto c’è di più bello al mondo, il tuo sogno non varrebbe il nostro svegliarsi.

Fece per lei il segno della croce, richiuse la finestra e andò via senza far rumore.