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NICOLA GOGOL 7

tutti i giovani volonterosi, un raggio della sua bontà e del suo ingegno.

Dietro i consigli del nuovo grande amico pubblicò le Serate in una fattoria presso Dikanka, cui tennero dietro nel ’34 il Tarass Boulba e gli altri Racconti di Mirgorod.

Tali scritti e la benevolenza degli amici gli valsero una cattedra di storia nell’università di Pietroburgo. Stupì l’uditorio con una focosa, eloquente, poetica prolusione; nelle altre lezioni scarseggiarono i momenti d’entusiasmo, tantochè accorgendosi d’annojare i discepoli e annojandosi egli stesso, dette tosto le sue dimissioni.

E nel ’35, dopo avere assaggiato di tutto e di tutto aver avuto disgusto, si volse alle lettere. Pubblicò una raccolta di novelle: Arabeschi, e una commedia: Il Revisore, che fecero celebre il nome di Gogol in ogni angolo della Russia.

Anzi la rappresentazione del Revisore, in cui l’asinità patentata e il marciume della burocrazia erano rivelati con impareggiabile forza comica, eccitò la critica ad aizzarglisi contro; e tanto fu umiliato e amareggiato dagli urli e dalle proteste di chi credeva ravvisarsi fra i colpiti, che scriveva:

«Tutti mi si son levati contro... Io sono sfinito nell’anima e nel corpo: nessuno imagina quanto io soffra. Oh! stiano pure tutti in pace. Sono io il primo ad aver nausea della mia commedia.» Sentendo poi che anche i suoi concittadini lo avevano biasimato, si esasperò tanto, che partì per l’estero.

E si distrasse viaggiando per l’Europa e fermandosi spesso a Roma, il cui clima si confaceva per la sua declinante salute.

Intendeva di comporre le sue forze fisiche e morali per una grande opera, che avrebbe dovuto