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UNA NOTTE DI MAGGIO 69

Il segretario tossì e lesse:

«Ordine al sindaco Eustachio Makogonenko. Essendoci giunto a conoscenza che tu, vecchio imbecille, invece di riscuotere le tasse arretrate e di vigilare per l’ordine del villaggio, perdi il cervello e fai ogni sorta di grullerie...»

– Perdio! – interruppe il sindaco – non capisco nulla...

Il segretario incominciò daccapo:

«Ordine al sindaco Eustachio Makogorenko. Essendoci giunto a conoscenza che tu, vecchio imb...»

– Aspetta... non importa! gridò il sindaco. – Benchè non abbia capito nulla, giudico che questo dev’essere un... modo per cominciare... di nessuna importanza... Leggi più giù!

– «In conseguenza ti comando di ammogliare immediatamente tuo figlio Levko colla cosacca Anna Petricenkova, del nostro villaggio, nonchè di accomodare i ponti della strada provinciale e di non dare, a mia insaputa, nessun cavallo a nessun impiegato del tribunale, sia pure per ragioni di servizio.»

«Se quando arrivo non trovo eseguito tale mio ordine, me ne renderai ragione.

Il prefetto tenente Cosimo Dercaci Drispanoski.»

– Sentite? Disse il sindaco a bocca aperta. – Di ogni cosa deve rispondere il sindaco. Se nasce qualcosa di chi è la colpa?... Del sindaco. Dunque voglio essere obbedito, e senza fiatare; o guai!... Tu poi, quantunque mi paja strano che il prefetto sappia ciò, sarai ammogliato... Ma prima dovrai assaporare la frusta. Anzi domani stesso la rinnoverò. Chi t’ha dato questa lettera?

Levko, tuttochè stupefatto per la buona piega che prendevano le cose, ebbe tanto buon senso da nascondere la vera origine del biglietto, inventandola così:

– Jeri sera andai in città: ho incontrato il prefetto, che sapendomi del villaggio è sceso di carrozza e m’ha dato questo biglietto, dicendomi a voce che fra qualche giorno sarebbe venuto a pranzo da noi.

– Ha detto questo?

– L’ha detto.

– Capite? Disse il sindaco con imponenza, rivolto ai compagni. – Il prefetto in persona verrà da noi, cioè