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68 | NOVELLE UKRAINE |
La luna raggiante sopra il suo capo segnava mezzanotte. Silenzio per tutto: il freddo spirava dallo stagno, con la triste vecchia casa dalle imposte chiuse, sulla quale i muschi e la gramigna, largamente germogliati, attestavano che gli abitatori l’avevano abbandonata da molto tempo.
Spalancò la mano che aveva chiusa nel sonno e cacciò un grido di stupore, vedendovi il foglio.
– Se io sapessi leggere! pensò volgendolo da tutti i lati.
In questo mentre si udì un rumore dietro lui.
– Agguantatelo senza paura! Che temete? siamo in dieci e lui non è un demonio, ma un uomo come noi. Così gridava il sindaco a’ suoi amici, quando Levko si sentì afferrato da più mani, delle quali taluna tremante di paura.
– Avanti, amico, levati dal viso quella maschera e finiscila di prendere in giro la gente! – proseguiva il sindaco, pigliandolo per il collo.
Ma rimase di sasso, piantandogli addosso l’occhio sbarrato.
– Come, Levko, sei tu! Figlio d’un cane. Guarda, razza d’un diavolo, chi è l’autore di questi scherzi! Tu ti diverti a metter su il brigantaggio per le strade e ad inventar canzonette... E io che pensavo si trattasse di qualche bestiaccia o demoniaccio travestito! Ah, Levko: se ti pizzican le spalle penserò io a fartele grattare... Legatelo!
– Aspetta, babbo: ho l’ordine di consegnarti un biglietto.
– Ma che biglietto e non biglietto... Legatelo, vi dico!
– Aspetti, signor sindaco – interruppe il segretario, spiegando il foglio – questa è calligrafia del prefetto!
– Del prefetto?
– Del prefetto? – ripeterono gli automati-guardie.
– Del prefetto? Ma chi ci capisce qualcosa in questa faccenda! – pensò fra sè Levko.
– Leggi, leggi, disse il sindaco. Cosa ci dirà mai il prefetto?
– Ascoltiamo la lettera del prefetto! – esclamò il meccanico tenendo la pipa fra i denti e battendo l’acciarino sulla pietra.