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UNA NOTTE DI MAGGIO | 65 |
essere emigrato, vide un gomito bianco sporgersi al davanzale e appoggiarvisi una fantastica testina, dallo splendore quieto e chiaro degli occhi, attraverso le onde brune de’ capelli.
La testina sorride e china il capo, la manina bianca fa un cenno... l’acqua tremola e la finestra si richiude. Il giovine cosacco mosse gli occhi dall’acqua e li rivolse verso la casa: le imposte erano spalancate e i cristalli scintillavano alla luna:
– Ecco come bisogna dare retta ai discorsi della gente, pensò, la casa è nuova e fresca, che par fatta jeri. Qualcuno ci abita certamente.
S’avvicinò silenzioso verso la casa, ma non vi sentiva nessun rumore. Si rispondevano i sonori gorgheggi degli usignoli, e quando si facevano più languidi e morenti si udiva lo zirlare tremulo de’ grilli e lo schiamazzo degli uccelli palustri, scivolanti col largo becco lungo lo specchio d’acqua.
Una calma deliziosa e una gioja esuberante affluirono al cuore di Levko, il quale accompagnò sulla chitarra queste parole:
Bianco fulgor dell’alba
e tu, pallida luna,
rischiarate la stanza
della fanciulla bruna.
S’aprì la finestra e comparve la piccola testolina, poc’anzi riflessa dalle acque dello stagno, ad ascoltare i dolci accordi: le sue ciglia nascondevano un po’ lo sguardo, ed era tutta pallida come il lino. Ma com’era meravigliosamente bella! Lei sorrise... Levko ebbe un moto nel cuore.
– Canta un altro poco, giovine cosacco! – diceva ella reclinando il capo e abbassando interamente le sue ciglia fiorenti.
– Cosa devo cantarti, signorina mia?
Alcune lagrime rigarono il bel volto pallido di lei.
– Giovane! – disse poi con voce commossa e agitata dal singhiozzo. – Giovane: trovami la matrigna e farò tutto quel che vorrai per il tuo bene e ti ricompenserò da signora. Io posseggo coralli, collane: ti darò in