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UNA NOTTE DI MAGGIO | 59 |
– Ora non mi scapperai più! – urlava il sindaco, trascinandosi un uomo avviluppato in una pelliccia.
Il meccanico s’era avvicinato per guardare il viso di quella bona lana, ma si ritrasse subito vedendo un barbone attaccato a un viso dipinto.
– No; tu non mi sfuggirai – continuava a gridare il sindaco allo sconosciuto che si lasciava condurre, senza sforzo, come se dovesse tornare a casa propria. – Karpo, apri la dispensa, disse poi rivolto alla guardia: Per ora lo chiuderemo nello stambugio, poi aduneremo il Consiglio e faremo tutta una legata dei colpevoli: infine regoleremo i conti con quei cervellacci senza giudizio.
La guardia schiavardò un catenaccio e aprì il nascondiglio; ma quando mosse per cacciarvi il prigioniero, questi con forza e agilità straordinaria si liberò dalle sue mani.
– Fermo! – disse il sindaco acciuffandolo per il colletto.
– Lasciami: son’io – disse una vocina sottile.
– È inutile, caro mio. Anche se tu parlassi, non come una donna, ma come demonio, non mi gabberesti, e lo scaraventò entro il bugigattolo con tale violenza, che il prigioniero mandò un gemito e cadde.
Intanto il sindaco, fattosi accompagnare dalla guardia, seguìto dal meccanico che fumava come un piroscafo a vapore, uscì per andare dal segretario. Tutti e tre camminavano pensierosi a testa bassa, quando, giunti allo svolto d’una viuzza, cacciarono un grido e portarono un braccio alla fronte, dov’erano rimasti colpiti. Un altro grido in faccia a loro fece eco. Il sindaco alzò l’occhio solitario e si vide dinanzi il segretario scortato da due guardie.
– Venivo appunto da te, signor segretario.
– E io dalla Sua Grazia, signor sindaco.
– Accadono ben strane cose, signor segretario.
– Sì, davvero: strane cose, signor sindaco.
– Cioè?
– I giovinotti hanno l’argento vivo addosso: scorrazzano di qua e di là e mettono ogni cosa sossopra. Onorano il nome della Sua Grazia con certe parole, che farebbero vergogna in bocca d’un moscovita ubriaco. Tutto questo, disse il segretario, vestito con larghi cal-