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UNA NOTTE DI MAGGIO 53

fatto giovine, che passava per il primo burlone e il più ameno inventore di spiritosaggini, che fosse nel villaggio. Mi vien proprio a noja star qui senza divertirmi, e mi dispiace come se mi mancasse la pipa o non trovassi più il berretto. In una parola mi par di non esser più un cosacco.

– Ragazzi, vi piacerebbe fare arrabbiare il sindaco?

– Il sindaco?

– Sì, il sindaco. O che cosa gli frulla per il capo? Ci governa come bestie: ci tiene come servi e ronza anche intorno alle nostre ragazze!

– È vero, è vero! dice bene! – dissero tutti a una voce.

– E perchè? Ci prende per la più vile discendenza di Cam; noi, che – grazie al cielo – siamo liberi cosacchi di sangue cento volte migliore del suo. Proviamogli, compagni, che siamo tutti liberi cosacchi!

– Sì, glie lo proveremo! – dissero tutti – e regolando i conti col sindaco non dimenticheremo il segretario.

– Sì... anche lui deve entrare in ballo. Ho inventato una certa canzoncina e la insegnerò a tutti – diceva Levko tasteggiando la chitarra. – Travestitevi tutti come vi piace.

– Da’ retta a me, testa di cosacco, divertiti! – disse il robusto e giocondo giovine, battendo ritmicamente i piedi e accompagnandosi collo scoppio delle palme battute insieme. – Che festa! Che libertà! Se ti metti a far baldoria ti ricorderai degli anni passati! Il tuo cuore diverrà spensierato e la tua anima godrà un paradiso eterno. Date retta a me, ragazzi, divertitevi.

Tutti presero a correre e gridare per le vie.

Le vecchierelle bigotte, svegliandosi, si facevano il segno della croce e rivoltandosi sulle coltri dicevano:

– È finito il bene stare. Ora i giovinotti incominciano a far baldoria.

IV.

I giovani fanno il chiasso.


Rimane illuminata una sola finestra in fondo alla strada: quella nella casa del sindaco. Il quale da un pezzo aveva finito di cenare e da un pezzo sarebbe an-