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UNA NOTTE DI MAGGIO 49


– Mo... moglie, apri! Moglie apri, pe... perdio! Apri, ti dico, moglie! Il cosacco vuol dormire!

– Dove vai, Kalenik... tu sbagli uscio – gli gridarono dal mezzo di strada alcune giovinette, uscenti dal ballo. – Ti dobbiamo insegnar la casa?

– Sì, insegnatemela, donnettine mie care.

– Donnettine mie care?! Avete sentito, compagne? – disse una di esse. – Come dev’essere garbato Kalenik: si merita proprio di essere accompagnato a casa da noi... ma no; prima devi ballare.

– Ba... ballare?... Che ragazze bisbetiche!  – esclamò Kalenik, strascicando le parole.

Poi, gestendo curiosamente, ridendo e rinculando, riprese:

– Ma poi io vi a... abbraccerò e vi ba... bacerò tutte, a una per vòlta, tutte... tutte!

E barcollando si mise a rincorrerle.

Le ragazze scapparono e si dispersero gridando; poi ripreso animo, corsero all’opposto lato della strada.

– Eccola costà la tua casa, gli gridarono allontanandosi e additandogli una palazzina un po’ più spaziosa delle altre, abitata dal sindaco del villaggio.

Kalenik proseguì i suoi sospesi borbottii contro il sindaco e si diresse verso la parte indicata.

O chi è questo sindaco provocatore di così poco lusinghiere parole verso la sua persona?

Oh! questo sindaco è una persona molto influente. Prima che Kalenik abbia finito di camminare avremo tempo di farvelo conoscere.

Quando il sindaco passa, tutti i buoni villici si scoprono il capo e le giovanette gli rivolgono i più aggraziati saluti. Dove c’è un uomo che non vorrebbe esser sindaco? Lui ha l’ingresso libero in ogni luogo: il più superbo e forte giovane resta quatto quatto, col cappello in mano, davanti al sindaco, finchè questi non abbia finito di fregare le grosse e ruvide dita per entro la scatola del tabacco.

Nella hromàda1, il sindaco fa quel che gli pare: quasi di suo arbitrio sceglie chi deve mandare a sterrare la strada o a scavare i fossati. Sempre è cupo e

  1. Adunanza popolare.