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UNA NOTTE DI MAGGIO



I.

Anna.


Un’eco di canzoni si spandeva per le vie di S*** come il fragore d’un torrente sonoro. Era l’ora che, stanchi del lavoro e delle cure del giorno, i giovani e le giovanette si adunano in piacevoli torme chiassose, e nell’incanto della purissima sera versano la gioja delle loro anime in suoni velati di mestizia.

Già, caduto il crepuscolo, era sopravvenuta la sera co’ suoi misteri a colorare il cielo di pallore malinconico e ad involgere tutte le cose nell’indeciso; ma i canti non cessavano ancora. Con una chitarra in mano un giovane cosacco, Levko, il figlio del sindaco del villaggio, s’era quasi furtivamente allontanato da un gruppetto di cantori. In testa portava un berretto di astrakan e camminava per la strada ballettando al suono del suo strumento. Adagio, adagio si ferma alla porta d’una casetta, adorna di ciliegi. Di chi è quella casa? Chi abita quella porta? Tace per un momento, riprende la chitarra e canta:

               Il sole è basso e a sera è già vicino;
               Vieni fuori da me mio cuoricino.

– Che si siano già chiusi nel sonno gli occhi azzurri della mia bella? – disse il cosacco finito di cantare. Indi avvicinandosi alla finestra: