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LA FIERA DI SOROCINZI | 23 |
bicchieri erano in fiamme: le zucche, i poponi e i cocomeri ammonticchiati parevano materiati di bronzo e d’oro. Dileguarano i rumori rari nella vasta sonorità del tramonto: le lingue dei contadini, dei rivenditori e degli zingari erano stanche e amavano riposare. Qualche fuocherello si accendeva e tremolava qua e là e per tutto si spandeva la fragranza dei gnocchi fritti.
– Perchè sei così triste, Giorgetto? – Gridò un alto e adusto zingaro battendo sulla spalla del nostro giovinotto. – Via! me li lasci per venti i bovi?
– Tu non fai altro che pensare a’ bovi, e quelli come te non sanno far altro che imbrogliare, guadagnare e spogliare il povero prossimo.
– Cosa diavolo almanacchi? Eccoti in bestia! ti dispiace d’esserti cacciato in qualche impegno amoroso?
– No: gl’impegni in cui mi caccio io li mantengo: quel che è fatto una volta è fatto per sempre... ma quel vecchiaccio di Cerevik, che non ha neanche un briciolo di coscienza, ha detto «sì» e ora si ritira. Ma forse non c’è da prendersela con lui, che è un pezzo di legno buono a nulla: tutta la colpa è di quella maledetta strega che abbiamo trattata così male sul ponte. Vedi: se io diventassi un re o un signore farei subito impiccare gl’imbecilli che si fanno guidare dalle donne.
– Se ci riesce di persuadere Cerevik a darti la sua Parasca, me li cedi i bovi per venti?
Giorgetto stupito guardò i lineamenti dello zingaro, sui quali c’era confuso un certo non so che di maligno, di volgare e di nobile, e capì che in quell’anima strana dominavano alcune grandi virtù, per le quali l’unico premio in terra è la forca.
La bocca rintanata tra il naso e il mento, sempre sconvolta da un malefico sorriso provocatore; gli occhi piccoli ma accesi come il fuoco; lo strano viso su cui si avvicendavano i lampi convulsivi di tristi espedienti; tutto questo esigeva una foggia strana di vestire, qual’era appunto la sua. Un pastrano oscuro, che solamente a toccarlo pareva volesse sfaldarsi in polvere, sulle spalle del quale si rapprendevano a boccoli i lunghi capelli neri – un pajo di scarpe che cercavano di coprire la vergogna di due piedi abbruciacchiati e turpi: tutto questo pareva contribuisse a integrare la sua indole.