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NICOLA GOGOL 11

dispe fa ridere gli agenti di questura e termina solamente con la sua morte, avvenuta poco dopo.

Ed eccoci alla sua opera capitale, che è insieme il primo saggio d’un vero e schietto romanzo nazionale russo, alle Anime morte, pensate in Russia, maturate nel suo viaggio in Europa, condotte a termine a Roma. La Russia fino allora non aveva avuto veri e originali romanzi, chè tali non erano certo quelli di Ismailof o di Zagoskine, specchî concavi in cui si riflettevano deformate le produzioni delle altre letterature europee. Quando in Europa due colossi strabiliavano il mondo, Dickens e Balzac, e in Russia grandeggiava la figura del Puskin, sorse l’opera del Gogol.

A quel tempo in Russia i servi maschi facevano parte del patrimonio del padrone, che li teneva sottoposti pagando per essi un’imposta di ricchezza mobile. Nel lungo spazio di tempo fra un censimento e un altro, molti di questi servi computati nel linguaggio economico come anime, morivano, ma nei registri rimanevano come viventi e i rispettivi proprietarî erano obbligati a pagare la stessa tassa. Al Gogol balzò in mente l’idea di creare un Cicikoff, cavaliere d’industria, di farlo apparire fra una ciurma d’intriganti, di bricconi, di vili, d’incoscienti, di asini patentati, di burocratici corrotti, in cerca di anime morte, per cederle come vive sotto ipoteca alla banca del Lombardo e ritrarne duecentomila rubli per fare il signore. Questa, nelle linee generali, la tela del romanzo.

Quel che in esso, sotto il sorriso pacato, costituisce il più tremendo assalto, la più sanguinosa irrisione alla vita russa corrotta e corruttrice, sono quelle osservazioni, che qualche volta s’intravedono appena fra quegli sprazzi di vita, e che fecero esclamare al Puskin: «Oh! che miserevole paese è la nostra Russia.»