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90 GOGOL


Ma tutto tacque. Il canotto si staccò, si messe a seguire il promontorio.

A un tratto i rematori si lasciarono sfuggire i remi, e si fermarono a occhi fissi. Il pan Danilo rimase immobile; un sudore diaccio corse per le vene cosacche.

Una croce vacillò sulla sua tomba, e da questa uscì lentamente un morto scheletrito. Gli pendeva la barba fino alla cintura; dalle dita gli pendevan unghie più lunghe delle dita stesse. Egli stese pian piano le mani verso il cielo. Tutta la faccia gli tremava, si contorceva. Si vedeva che egli era in preda a terribili tormenti. «Soffoco! Soffoco!» gemeva con voce strana che non aveva nulla di umano. E quella voce, come lama, straziava il cuore. Il morto a un tratto rientrò sotterra.

Un’altra croce vacillò; e si levò un nuovo morto, ancora più spaventevole, più grande del primo; la barba gli cadeva sino alle ginocchia, e le unghie, fatte di osso, erano anche più lunghe. E ancora più selvaggiamente ululava: «Soffoco». Poi disparve sotterra.

Una terza croce si mosse, e un terzo morto venne su. Pareva che solo le sue ossa sorgessero dal suolo. La barba gli fluiva fino a’ piedi; le dita dalle unghie enormi solcavano il terreno. Stese paurosamente le braccia all’aria come volesse afferrar la luna, e gettò tale un grido da far pensare che gli crocchiassero le ossa ingiallite...

Il bimbo, che dormiva nelle braccia di Caterina, dette un vagito e si destó; anche la pania gettò un grido; i rematori si lasciaron cadere di capo i berretti nel Dnepr; lo stesso pan rabbrividì.

Poi, d’un tratto, ogni cosa sparve, come se nulla fosse; tuttavia, i giovinotti restaron lì, a lungo, senza riprendere i remi. Burulebas guardò teneramente la giovine moglie, che, tutta atterrita, cullava sul seno la creatura piangente; se la strinse al cuore e la baciò sulla fronte.

— Non temere, Caterina. Guarda: non c’è niente, — disse mostrandole la riva. — Lo stregone vuole spaventar la gente perchè nessuno si avvicini al suo nido impuro. Ma lui non spaventa così che le donne. Dammi mio figlio.

A queste parole, il pan Danilo alzò il figlio per aria e lo appressò alle labbra: — Vero, Ivan, che tu non hai paura dello stregone? — No; rispondi: «Babbo, io sono cosacco!». Smetti dal piangere. Ora torneremo a casa.