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NOVELLE 59

dirla breve, v’era ogni sorta di gente, come appunto se ne trova nelle fiere.

Il nonno si fermò per guardarsi attorno. Le tende cominciavano a poco a poco ad animarsi; gli ebrei mettevano in fila i loro barattoli; il fumo saliva qua e là, a spirali, e l’odor delle cialde calde si spandeva per tutto l’accampamento.

Il nonno si avvide di non aver capecchio e tabacco, e si mise a cercarne per la fiera. Aveva fatto appena venti passi, che incontra un Zaporogo, un vero crapulone: bastava guardarlo per accorgersene.

Ampi calzoni rossi come fuoco, un caffettano azzurro, cintola scarlatta, sciabola a lato, pipa corta con catenella di rame penzoloni fino a’ piedi: in una parola, un vero Zaporogo. Un fior di giovinotto! E come si piantano, come si lisciano i bravi mustacchi con la mano, e come fanno risonare il ferro de’ calcagni e poi si mettono a ballare! Le loro gambe girano con la fretta con la quale giran le conocchie delle donne. Simile a turbine fanno schioccar tutte le corde delle loro bandure, poi, con le mani ai fianchi, si slanciano alla prisadka1 e intonano un canto da rapirvi l’anima... No; quel tempo è passato. Non si vedranno più mai Zaporoghi!

Mio nonno dunque incontrò uno di questi Zaporoghi. Da un motto all’altro, non ci volle gran tempo per diventare amici. Si misero a ciarlare, a ciarlare tanto, che il nonno dimenticò affatto il suo viaggio. E bevettero pur tanto, quanto a nozze prima della quaresima grande.

Alla fine si stancarono di romper cocci e di seminare spiccioli tra la folla; e poi, la stessa fiera non poteva durare eterna. I due novelli amici convennero allora di non lasciarsi e di far la strada insieme. La sera era già inoltrata quando si trovarono in aperta campagna. Il sole se ne andò a riposare lasciandosi dietro qua e là frappe rossastre. La campagna con le praterie screziate somigliava alle vesti di festa delle fanciulle dalle sopracciglie nere. Un terribile prurito di lingua prese il nostro Zaporogo; il nonno e un altro buontempone che si era unito

  1. Ballo, durante il quale i danzatori si accoccolano e curvano rapidamente or l’uno or l’altro piede; il che è molto difficile.