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N O V E L L E 53


«Firmato: Il Commissario, Luogotenente in ritiro Cosimo Derkac — Drispanovskij.»

— Ecco, — disse il Capo a bocca spalancata: — avete inteso? avete inteso? Di tutti questi ordini risponde il Capo. Obbeditemi dunque! Obbeditemi senza fiatare!... Se noi, guai!... In quanto a te, — proseguì, volgendosi a Levko, — sebbene mi paia strano che la cosa sia giunta sino a lui, pure, ti sposo. Però, prima assaggerai la sferza, sai? Quella che è sospesa da noi alla parete vicina alle icone. Te la regalerò domani... Dove hai preso questo biglietto?

Levko, pure sorpreso della piega che prendeva il suo affare, ebbe il buon senso di vòlgere in mente ben altra risposta e di nascondere onde davvero il biglietto era venuto.

— Uscito ieri sera, mi ero recato in città, quando incontrai il Commissario che scendeva di carrozza. Avendo saputo ch’io son di questo villaggio, mi consegnò quel biglietto e mi comandò di dirti a voce, babbo, che al ritorno, lui verrà a desinare da noi.

— Ti ha detto così?

— Mi ha detto così.

— Sentite? — disse il Capo con aria d’importanza, volgendosi ai compagni. — Il commissario in petto ed in persona, verrà da noi, cioè da me, a desinare. Oh!... — E il Capo alzò l’indice e abbassò la testa, come chi ascolti. — Il commissario, sentite? Il commissario verrà da me, in casa mia. Che ne pensi, mastro scrivano? E tu, compare? Non è piccolo onore, non è vero?

— Per quanto io ricordi, — consentiva rincarando lo scrivano, — non c’è stato mai Capo che abbia dato un pranzo al commissario.

— C’è Capo e Capo, — osservò appunto il Capo, pavoneggiandosi: gli si contrasse la bocca, e sulle labbra gli brontolò qualcosa come stentato rauco riso, più somigliante al mugolare d’un tuono lontano.

— Che ne pensi, mastro scriba? Per un ospite come quello bisognerebbe dar ordine che da ogni casa si porti un pollastro, biancheria e altro... almeno. No?

— Bisognerebbe, sicuro, bisognerebbe, mastro Capo.

— E a quando le nozze, babbo? — chiese Levko.

— Le nozze? Te le darò io le nozze!... Basta: in omag-