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N O V E L L E | 49 |
do becco il vasto specchio delle acque. Il cuore di Levko era invaso da dolcissima pace, da una gioia inebriante. Accordò la bandura, e cantò accompagnandosi:
«Luna, lunetta;
Alba candidetta,
Versate luce giù
Dov’è la giovinetta».
La finestra si riaperse, e la stessa testolina graziosa, che aveva veduta riflessa nello stagno, guardò, ascoltando attentamente la canzone. Lunghe ciglia le velavano a mezzo lo sguardo: ella era pallidissima, come lino, come il bagliore della luna; ma quanto meravigliosa, quanto bella!
Scoppiò a ridere.
Levko abbrividì.
— Cantami, orsù, qualche cosa, giovine cosacco! — disse lei, chinando la testa da un lato, e chiudendo del tutto le lunghe ciglia.
— Quale canzone devo cantarti, mia serena fanciulla?
Sul viso della fanciulla scesero lente lente le lacrime.
— Giovine, — rispose lei, e qualcosa di commovente, ineffabile, sonava nelle sue parole, — giovine, trovami la mia madrigna. Io non ti negherò niente; ti compenserò; ti compenserò largamente, splendidamente. Io ho manichetti di seta trapunti; ho coralli, collane: ti donerò una cintura adorna di brillanti; ho anche tant’oro... Giovine, trovami la mia madrigna. È una terribile strega; per lei non ebbi pace sulla terra. Lei mi torturava; mi costringeva a lavorar peggio di una fantesca. Guardami in viso; lei mi scolorì le guance con le impure malie. Guardami il collo bianco; le lividure lasciatevi dalle sue unghie di ferro non si cancellano più, non si cancelleranno mai. Guardami i bianchi piedi: essi han camminato tanto, ma non sui tappeti; sulla sabbia ardente, la terra bagnata, sui sassi han camminato. E questi occhi? Guardami gli occhi: sono spenti per le lacrime. Trovala, giovine! Trova la madrigna!
La sua voce, levatasi a un tratto, si tacque. Torrenti di lacrime le scesero sul pallido volto. Un senso penoso, pieno di pietà e di tristezza, gravò sul cuore del giovine.