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E la brigata s’avviò chiassando per la strada. E le vecchierelle svegliate dalle grida, sollevavan le finestre, e facendosi il segno della croce con le mani indormentite, dicvano: «Già, i parobkij si danno bel tempo!».
IV.
I «PAROBKIJ» SI DIVERTONO.
Una sola casetta è illuminata laggiù, in fondo alla via. È la casa del Capo. Il Capo ha finito di cenare da un pezzo e da un pezzo sarebbe addormentato, certo, se non avesse seco un invitato, il distillatore, mandato a metter su la distilleria, dal ponescik1, che prenderà qualche palmo di terra in mezzo ai liberi cosacchi. Proprio sotto le ikone 2, al posto di onore, era seduto l’ospite, un omaccino grassottello, dagli occhietti sempre ridenti, onde luccicava il piacere di fumare a pipa corta, il quale sputacchiava a ogni momento e tastava col dito la cenere del tabacco che s’abbruciava. Il nuvolo di fumo che gli si spandeva sulla testa, lo avvolgeva in una nebbiolina grigiastra. Pareva un largo fumaiolo da camino di distilleria, che annoiatosi di far la scorta sul tetto, avesse pensato di svignarsela e di andare a sedersi beatamente al desco del capoccia. Sotto il naso gli si rizzavano i mustacchi corti e folti, ma fra quel vaporar del tabacco, s’intravedevano solo di tratto in tratto, e indistinti, sì da sembrare un sorcio che il distillatore avesse abboccato e tenesse fra i denti, a scapito del monopolio del gatto di granaio.
Il Capo, come padrone di casa, se ne stava seduto là, alla buona, in maniche di camicia e pantaloni di tela. Quell’occhio di aquila, come sole al tramonto, a poco a poco cominciava a chiudersi e a spegnersi. A capo di tavola, fumava a pipa uno dei decurioni del villaggio che componevan la guardia del capoccia. Per riguardo al padrone, indossava la svitka.
— Lei pensa dunque di metter su presto la distilleria? — disse il Capo volgendosi al distillatore e facendosi il segno della croce sulla bocca aperta allo sbadiglio.