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vano a vicenda — Come? non la smetterete più con tante smorfie? Presto, perdio, giungeremo a tale che non potrò più passar per le vie!
Con queste parole l’uscio si chiuse e non s’intese che il cigolare della sbarra spinta.
II.
IL CAPO.
Conoscete la notte dell’Ukraina? Ah! Voi non conoscete la notte dell’Ukraina? Contemplatela. Di mezzo al cielo la luna guarda: la volta incommensurabile stendesi e par sempre più profonda ancora; arde e respira. Sulla terra diffusa la luce argentea; l’aria è fresca, e pur greve, piena di languore, alitante ondate di profumi. Notte divina; notte incantevole! Immobili e pensose, le foreste riposano, nelle tenebre, proiettando le loro grandi ombre. Silenziosi, calmi, ecco gli stagni; la freschezza e l’oscurità son come imprigionate tetramente nelle verdi cupe muraglie dei giardini. Le vergini siepaglie di pruni e ciliegi stendono silenziosamente le radiche nel fondo dell’acqua; di quando in quando stormiscono le fronde come in un brivido di sdegno, quando il procace venticello vi penetra e cheto cheto le bacia. Tutta la distesa dorme. Di su, nell’alto, tutto respira; tutto è splendido, solenne, trionfale; e nell’anima si aprono vastità sconfinate; a schiere a schiere, si levan le visioni argentee, dal profondo, armoniosamente.
Notte divina! Incantevole notte! D’un subito si anima ogni cosa; le foreste, gli stagni e le steppe; irrompe improvviso il maestoso gorgheggiar dell’usignuolo d’Ukraina e par che la luna si fermi nel mezzo del cielo ad ascoltarlo... Sulla collina sonnecchia il villaggio come nell’incantamento: spiccano ancor meglio ai raggi della luna le file delle capanne; spiccano ancor più chiare dalle tenebre i loro muri bassi. Tacciono i canti; tutto è silenzio. La gente per bene già dorme. Qua e là, tuttavia, scintilla qualche stretta finestrina. Solo, sulla soglia di qualche capanna, una famiglia attardata finisce di cenare.