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formi ovattate con pellicce di gatto, di lontra, d’orso, di castoro, o di qualsiasi altra pelle o stoffa. Un antico collega del consigliere titolare aveva visto lo spettro e perfettamente riconosciuto Akaki. Aveva lottato con tutte le forze per uscirgli di mano, ma era già lontano, che lo vedeva ancora minacciare col pugno. Ovunque, sentiva che consiglieri e non consiglieri titolari, ma consiglieri di Stato, avevano preso seri raffreddori in seguito a quest’atto inqualificabile che li spogliava della loro più calda veste. La polizia impiegò tutte le misure possibili per impadronirsi di questo spettro morto o vivo, e infliggergli un castigo esemplare; ma ogni tentativo rimase vano.
Però una sera una sentinella ebbe la fortuna d’arrestare il malfattore nel momento che toglieva l’uniformeme a un musicista. Il funzionario chiamò due compagni al soccorso e confidò loro il prigioniero mentre cercava la tabacchiera per rianimare il naso gelato. Bisogna credere che il tabacco avesse un odore capace di svegliare un morto. Appena ne approssimò qualche granellino alle narici, il prigioniero prese a starnutare così fortemente che i tre soldati sentirono come un velo coprir loro gli occhi. Mentre si fregavano le pupille, il prigioniero disparve. Da quel giorno le sentinelle ebbero un tale spavento dello spettro, che non si arrischiarono più ad arrestarlo vivo, e si limitarono a gridargli a distanza:
— Passate al largo! al largo!
Il fantasma continuò a frequentare le contrade del ponte Hatinka e sparse il terrore in tutto il quartiere.
Ritorniamo ora al nostro direttore generale, la prima causa del nostro racconto, fantastico bensì, ma assolutamente vero. Per verità dobbiamo dire che dopo la morte d’Akaki ebbe una certa pietà del defunto. Il sentimento dell’equità non era estraneo al suo cuore; aveva anzi delle eccellenti qualità, e unico suo difetto era l’impedir a sè stesso, per orgoglio del titolo, di mostrarsi dal suo lato buono. Quando l’amico l’ebbe lasciato, la sua mente corse all’infelice consigliere titolare che vedeva ancora prostrato, atterrito sotto il rude insulto che gli aveva fatto subire. Questa visione l’assediò a tal punto, che un giorno incaricò un impiegato di informarsi intorno ad Akaki e se si poteva far ancora qualche cosa per lui.