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18 DOMENICO CIÀMPOLI

scuola filosofica dello spirito, la capacità speculativa. Il suo gusto da poeta, si univa alla sua facoltà analizzatrice. Fu un poeta, ma non un pensatore. Ciò doveva trovar conferma nei fatti. Il suo sguardo intellettuale si oscurò in tale misura, che gli sembrò di aver più nociuto che giovato con le sue geniali creazioni, con la sua satira, alla Russia della schiavitù. Tutta la sua opera gli appariva un alto tradimento contro la patria, contro il suo popolo, un peccato che doveva essere compensato con una più degna attività; e ritenendo sempre di essere chiamato a qualche cosa di grande, concepì il piano di presentare in una seconda parte delle «Anime morte» un modello di tutte le virtù. Ma prima doveva compiere un’intima rigenerazione. Dapprima pubblicò le «Lettere scelte» (1846), cui gli intelligenti della Russia risposero con una vera tempesta di indignazione. Le «Lettere» non solo oltraggiavano i migliori progressi della cultura e della civiltà occidentale, ma sopratuttto calpestavano le idee di umanità e libertà, portando sugli scudi i principi dell’oscurantismo, che stavano in acuta contradizione coi disegni (già maturantisi nei circoli governativi) di emancipazione dei contadini. A dir breve, le lettere contenevano in fondo nè più nè meno, che un’Apologia della schiavitù. Riconoscendo troppo tardi il suo errore, si sprofondò con Zukovskij, nel quale aveva trovato un consolatore, in finezze teologiche e nei misteri della Chiesa ortodossa. La rivoluzione di febbraio del 1848 e la sua lieve ripercussione a Pietroburgo (nel processo di Petrasevskij) sconvolse completamente il suo spirito, ove un indirizzo mistico ed estetico operava già da lungo tempo la sua azione deleteria. Il suo animo era malato, non trovava mai pace. Da Roma era tornato a Pietroburgo; di qui si recò a Wiesbaden, a Parigi e di nuovo a Roma. Da Roma (1848) volle infine cercar riposo a Gerusalemme.

Intanto apparve l’attesa seconda parte del libro, che offriva chiaramente la prova del cammino della follia, su cui errava un uomo già tanto geniale, ora distrutto. I promessi eroi della virtù la figlia del generale Betriscev, Ulenjka, Kostanzoglo, Murazov — non sono che macchine muoventisi, marionette. Cicikov cade nelle mani della giustizia, ed è liberato solo per protezione di Murazov, quando, in un solitario luogo, ritorna in sè e sconta i suoi inganni con una vita cristiana.

Gogol morì, pare, in piena pazzia. Deve essere stato tro-