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16 | DOMENICO CIÀMPOLI |
dell’arte, — per raggiungere, come disse, la capacità di produrre qualche cosa di artisticamente grandioso, di inaudito. In Roma si diede allo studio delle opere d’arte, frequentò circoli artistici, e gli unici suoi punti di contatto con la Russia furono i pittori e gli scrittori russi che vi giungevano e vi dimoravano qualche tempo (Ivanov, Turghenev, e altri). Gogol concepiva molte grandi cose, ma scriveva solo le «Anime morte». Ai dolori fisici che in quel tempo cominciavano a visitarlo, si aggiunse pure una malinconia, che fu molto accresciuta dalla notizia della morte di Puskin. Nel 1842 Gogol apparve a Pietroburgo, e vi pubblicò la prima parte della sua epopea in prosa, «Anime morte».
Fu estrema l’impressione prodotta da questa comica e satirica pittura del tempo. Alle avventure dello speculatore viaggiante, Cicikov, che compera le anime morte, sono legati in modo piacevole la descrizione delle diverse case d’allora e il carattere delle vaghe personalità che agiscono. Cicikov compera dei contadini morti, ma che nominalmente valgono come vivi; li trasporta in un terreno senza valore (sempre nominalmente), e li ipoteca alla banca. Lo speculatore vuole con questo colossale inganno rialzare le sue sperperate finanze, e riprendere la carriera di impiegato, andatagli a male. Che cosa fosse questa carriera, lo vediamo dalla fine della biografia, maestrevolmente narrata, di questo uccello di rapina. Egli conosce profondamente l’arte d’ingannare — era nello stesso tempo capo della dogana e ricettatore e strozzino di una grandiosa banda di contrabbandieri. —
Finissime pitture di carattere offrono i tipi di tutti i notabili della città, capoluogo di governo, dal governatore al borgomastro, ai possidenti dei dintorni.
Si sollevano, tra questi, Manilov, che rappresenta con la sua famiglia la specie di gente che non appartiene a nessuna specie; Nozdrjov, chiacchierone e beone che in due giorni perde al giuoco la metà della sua rendita, che invita i suoi amici e dopo li fa bastonare; l’impassibile Sobakevic, che tiene sopratutto al solido, ingiuria tutti e fa con tutti i suoi conoscenti traffici da usuraio; Korobocika, «venuto su da un ceppo sconosciuto nella vita da contadino, un po’ guasta», che ha solo il senno per accumulare dei rubli; infine, Pljuskin, disseccato nella sudicia avarizia, che in mezzo ai suoi tesori ha appena qualche cosa di uma-