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VITA E OPERE DI NICOLA GOGOL | 15 |
gol si guadagnò, con la sua tagliente commedia «Il revisore», l’antipatia e il dispetto degli alti circoli, benchè l’imperatore Nicolò, dopo alcuni temporeggiamenti, permettesse la rappresentazione e ne ridesse cordialmente fino alle lacrime.
La commedia infatti versava il corrosivo dello spirito, con inaudita audacia, sopra le corrottissime amministrazioni del governo, e dava in preda — veramente senza volerlo — alla beffa ed alle risa della società tutto il sistema di Nicolò. Gli idoli, che fino allora erano stati tenuti per intangibili e consacrati, si videro gettati nel fango, dati alla meritata vergogna. Questi idoli si chiamavano l’autorità e la venalità, sulle quali, sole ed uniche, era fondato il principio del governo di Nicolò. Ora l’incanto era rotto, e l’autorità non era più lo spauracchio della società. La commedia di Gogol poneva al posto dell’autorità un’altra potenza: la pubblicità, la pubblica opinione. Il primo atto di questa, nel ridestarsi, doveva essere la condanna del sistema dominante. In ciò consiste l’importanza politica del «Revisore» di Gogol, che divenne chiara solo più tardi per lo stesso autore, ma non poteva sfuggire ad uomini penetranti come Belinskij, Herzen, ecc. Del resto, la favola del «Revisore» (la cui idea fu data a Gogol da Puskin) è originale, lo spirito colpisce, la comicità trascina. L’individuo il quale, secondo la notizia di un’ispezione, gli spaventati impiegati che hanno tutti una cattivissima coscienza, ritengono per un ispettore di Pietroburgo, si trova essere il vanitoso smargiasso Hlestakov, che approfitta della grande confusione per alleggerire la genterella di parecchie centinaia di rubli, fidanzarsi in apparenza con la figlia del governatore, per poi dileguarsi su di una troika e non lasciarsi vedere mai più! Ma l’effetto principale è nella chiusa; nel momento che gli ingannati impiegati vogliono far buon viso a cattiva sorte, un gendarme annuncia che è giunto il vero revisore, e vuole tutti gli impiegati presso di sè!
La scena di esordio potrebbe dare una prova del carattere di questa sdegnosa satira politica.
Scontento del successo della produzione, Gogol lasciò di malumore la Russia, quando il ministro dell’istruzione, Norov, gli ebbe procacciato una pensione imperiale e il soggiorno all’estero.
Egli venne a Roma — dove pensava vivessero gli ideali