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NOVELLE | 167 |
Non rammento la data. Neppure il mese.
Il diavolo sa in qual momento.
Il mantello è bell’è cucito, interamente. Mavra ha strillato nel vedermelo addosso. Eppure non mi sono ancora risolto di presentar a corte, finora non è giunta di Spagna alcuna deputazione. Senza inviati non è conveniente; non si crederebbe alla mia dignità. Io li aspetto da un’ora all’altra.
Il primo
La lentezza degli inviati mi sorprende immensamente: che ragioni avrebbero potuto trattenerli? Non sarebbe mai la Francia? Sì; è dessa, la potenza più ostile. Sono andato a prender novelle alla posta, se fossero giunti inviati spagnuoli; ma il mastro di posta, un vero melenso, non sa niente. «No,» ha risposto; «qui non c’è nessun inviato spagnuolo; ma se lei desidera scivere una lettera, noi la spediremo per la solita via». Se lo porti il diavolo; qual lettera!... una lettera? Una lettera è... una sciocchezza. Gli speziali scrivon lettere, dopo d’essersi inumidita la lingua con l’aceto, perchè altrimenti avrebbero la faccia tutta coperta di erpete.
Madrid, il 30 febbraio
Eccomi alla fine in Spagna, e in così poco tempo, che non credo quasi a me stesso. Delegati spagnuoli sono comparsi stamane al mio cospetto, e io mi sono adagiato con loro in una carrozza. La velocità mi è parsa proprio sorprendente. Noi siamo stati tanto rapidi che in capo a una mezz’ora siamo giunti alle frontiere spagnuole. Non c’è che dire: oramai, in tutta Europa, le strade ferrate e le navi a vapore vanno come il vento. Che strana terra, la Spagna! Quando siamo entrati nella prima stanza, eccoti vedo una moltitudine di teste rase. Ho supposto tuttavia che siano soldati, che per ciò si rasano la testa... Addirittura stupefancenti mi son parse le maniere del Cancelliere di Stato; mi ha preso per mano, e mi ha spinto in una celletta dicendo: «Siedi costì; e se t’esce ancor di bocca che