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138 | GOGOL |
nelle vene di Piero; a lui sembra che l’erba sussurri, che i fiori comincino a parlar fra loro con le vocine acerbe, simili al tintinnire di campanelli d’argento. Dagli alberi scapigliati, che stormivano minacciandosi, scendeva come un grandinar di male parole.
La faccia di Basavriuk si animò d’improvviso; gli occhi gettaron lampi:
— Eccoti giunta, alla fine, strega! — brontolò fra i denti. — Guarda, Piero: la bella ti comparirà or ora dinanzi. Fai tutto quanto ti comanderà; se no, sei perduto.
Poi, con la mazza nodosa, aperse un varco nel cespuglio spinoso, e lì per lì comparve la solita casettina delle streghe, costrutta, come si sa, sulle zampe di gallina. Basavriuk percosse col pugno e il muro vacillò: un cagnaccio nero, ringhiando furioso, balzò contro Basavriuk e il compagno; poi, d’incanto, si trasformò in gatto e si avventò contro di loro.
— Non far la furibonda; non far la furibonda, vecchia diavolessa! — fece Basavriuk con tale bestemmia, che ogni persona dabbene si sarebbe tappate le orecchie.
Ed ecco, invece del gatto, mostrarsi una vecchia dal volto rugoso come mela cotta, curvata in due, col naso e il mento a schiaccia-nocelle.
— Bella davvero! — pensò Piero, mentre un brividio gli correva per le reni.
La strega gli strappò il fiore, si chinò, e, tenendolo tra mano, lo inaffiò di non so quale acqua, mormorando a lungo. Le sprizzaron di bocca faville, mentre le saliva schiuma sulle labbra.
— Gettalo, — disse a Piero, rendendogli il fiore.
Piero obbedì, e, vedi portento! il fiore non cadde all’istante, ma si vide per un pezzo come una pallottolina di fuoco vogar per aria, simile a una barchetta, via per l’oscuro. Alla fine, adagio adagio, prese a discendere e cadde si lontano da parer solo, solo una stelletta, più piccina d’un granello di papavero.
— Qui! — disse la vecchia con voce roca e cupa, mentre Basavriuk consegnava a Piero una vanga, dicendo:
— Scava qui, Pierino. Vi troverai tanto oro che nè tu ne Korze ne avete mai visto al mondo, neppure in sogno.
Piero si sputò nelle mani, prese la vanga, poggiò il piede al pressoio, e giù; scavò zolle una volta, una seconda, una terza, e un’altra volta ancora... ecco; s’incon-