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onde sulle spalle, sul kontus1 trapunto d’oro, e possa io non cantare più mai un alleluia nel coro, s’io stesso, vedendola così, non mi sentii spinto ad abbracciarla, pur coi capelli bianchi che s’intrecciano nella vecchia foresta che mi copre il capo, e con la vecchia mogliera, la quale non mi lascia.
Or voi sapete che cosa avviene dove stanno vicini un giovinotto e una ragazza: spesso, sull’alba, si scoprivan le impronte dei tacchi ferrati degli stivali rossi di Pidorka nel luogo ov’ella discorreva con Pierino. Tuttavia Korze non avrebbe sospettato di niente, se un bel giorno (spinto forse dal Maligno) Piero, da stordito, non avesse scoccato a cuore aperto un sonoro bacio sulle rosee labbra della cosacca; così, e probabilmente il Maligno (quel figlio di cane veda la croce anche in sogno!) ficcò pure in questo la coda, avvenne che il vecchio ràvano aperse su quel punto la porta sul vestibolo. Korze, impietrito, a bocca aperta, quasi lì per lì sullo stramazzare dalla sorpresa, si riafferrò con la mano all’uscio. Quel maledetto bacio pareva averlo sbalordito; se lo sentiva echeggiare all’orecchio come uno schianto di folgore.
Tornato in sè, staccò dalla parete lo knut del suo nonno e già si disponeva a far la festa sulle spalle del povero Piero, quando d’un subito Ivas, il fratellino di Pidorka, garzoncello di sei anni, accorse, e pieno di spirito, abbracciando con le manine le gambe del babbo, prese a gridare: «Babbo, babbo, non picchiare Pierino!...» — Che fare? Il cuore d’un padre non è di macigno. Dopo di aver riappiccata la frusta al muro, spinse pian piano Piero alla porta:
— Se tu ricompari un’altra volta inanzi alla mia casa o sotto le mie finestre, corri il rischio di restar senza un pelo de’ tuoi mustacchi neri; e si perda il nome di Korze, se gli osedeti2, che ti giran due volte alle orecchie, non diranno un addio alla tua cotenna.
Un lieve scappellotto sulla nuca, col quale accompagnò queste parole, mandò Piero fuori di casa come sasso che non tocchi terra. Così finì il convegno del bacio.