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siso tra le gambe un bambino di sei mesi all’incirca, a cui le proprie braccia e il petto faceano da seggiolone, e che ad onta della vivacità, colla quale ei s’andava guatando dattorno co’ suoi neri occhi, era compiutamente tranquillo. Quella vista mi dilettò; m’accomodai alla meglio su d’un aratro, ch’era dirimpetto ai due fanciulli, e presi a fare un rapido schizzo della fraterna scena. Era davvero il caso di dir con amore. V’aggiunsi qualche pruno della vicina siepe, una porta rustica e alcune ruote spezzate, una cosa dopo l’altra, siccome stavano in realtà, e in capo a un’ora il mio disegno era finito: e posso dir ch’era bello, senza ch’io vi avessi innestato un solo tocco del mio. E questo m’ha confermato nel mio

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