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la focaccia, e v’hanno messo su l’unghia, e se la divorano a guance enfiate, gridano, pur divorando: Dell’altra! dell’altra! — Oh le beate creature! — E v’hanno altri, che decorano di fastosi nomi il loro abbietto affaccendarsi e le loro ingenerose passioni, e le buccinano opere gigantesche, intraprese per la salute e la prosperità dell’uman genere. E sono felici anche costoro! — E lo siano: buon pro lor faccia! — Ma chi, nella sua umiltà, ravvisa dove infine riescono i loro sforzi, e vede come ogni pulito cittadino sa trasformarsi l’orticello in paradiso, e come anche l’uomo sventurato si strascina senza lamento per la via, immemore del carico che lo grava, e tutti tutti sono cupidi della vita, e sudano a prolungare, foss’anco d’un solo minuto,