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ma non forse inutile. 451

possibilità d’avere errato mai? Sei tu tanto orgoglioso da non voler tollerare il pensiero di fare ammenda de’ tuoi errori?

Ma i miei dolori, i miei patimenti, eccedono le mie forze» — insiste il suicida1.

«Hai tu mai pregato, infelice? intensamente, fervidamente pregato? — Ebbene, pròvati a pregare — e sentirai le tue forze crescere come per celeste prodigio; vedrai, all’ultimo, come quel Dio che tempera il freddo all’agnello tosato, ha commisurato le forze morali dell’uomo alla fralezza della sua natura, solo ch’ei non disperi di Dio, disperando di sè stesso.»2

La giustezza di quest’ultima sen-

  1. Vedi, nelle Lettere del Werther, quella del 12 agosto 1771.
  2. Statuite le relazioni di padre e figlio, di Creatore e creatura, la preghiera è una delle conseguenze più immediate e più razionali che ne scendono.