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tratta dal falso concetto, che molti si sono fatti, e si fanno tuttavia, dello scopo dell’esistenza, dalla falsa idea che l’uomo non era messo in questo mondo se non per cercarvi la sua felicità1; che l’uomo non ha se non diritti a esercitare — e nessun dovere a compiere.

«Tu soffri, o sventurato? Ma e chi ti dice che tu non abbia il dovere di rassegnarti a soffrire? che, d’altra parte, per quest’unico motivo del tuo soffrire, tu abbia acquistato il diritto d’affrettare, di precipitare il termine della tua esistenza? E se il dolore fosse il cómpito d’una espiazione? Sei tu siffattamente sicuro di te stesso da eliminare dal conto ogni

  1. «Oh, a che più lusingo la mia ragione? Non odo la solenne voce della Natura? Io ti feci nascere, perchè anelando alla tua felicità, tu cospirassi alla felicità universale.» — Lettera di Jacopo Ortis, senza data, ma che precede quella del 19 marzo 1797.