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ma non forse inutile. 439

rato: è assai più, insomma, una mancanza che non un documento di coraggio.»

Qui, la condanna del suicida, quantunque poggiata su basi affatto materiali, si fa più risentita.

Ma Napoleone, come già ho accennato, ha fatto anche più: egli ha illustrato le sue sentenze col proprio esempio. Non infido a sè stesso, la nostra generazione ha veduto l’Uomo d’Abukir e di Marengo, d’Austerlitz e di Tilsit, sopportar prima — allorquando la sua stella cominciò a velarsi — il titanico disastro di Mosca; poi condursi a poco a poco, a traverso i tempi sinistri del 1814, all’esilio dell’Elba; e, più tardi, dopo il sorridere d’una breve speranza, caduto sui campi della fatale Neerlandia, in mezzo a tanto tradir d’uomini e di cose, di illusioni e d’eventi, soggiogato e prigioniero, — persistere, pur sempre indomito, fra le tempeste dell’anima