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werther. 407

sì, o Carlotta, tu sei eternamente mia.

E che importa che Alberto sia tuo sposo? — Sposo! — Sì, per questo mondo, che ci accerchia; per un mondo, in cui è colpa l’amarti, mentre pure vorrei svellerti dalle sue braccia. — Colpa? or bene, l’espierò. Colpa soave, ch’io ho assaporata in tutta la sua celeste voluttà: che m’ha trasfuso nel cuore un balsamo perenne, la gagliardia d’un’altra vita. Da quell’istante tu m’appartieni, o Carlotta, io sono tuo. E or soffri ch’io ti preceda. Io vo dal Padre mio, dal tuo: narrerò a Lui la mia angoscia, ed Egli mi consolerà finchè tu venga, e volerò allora incontro a te, e ti stringerò al mio cuore, e abiteremo insieme al cospetto dell’Essere infinito, in perpetuo abbracciamento.