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390 | werther. |
nio è l’ultimo della sua stirpe. Scuro è il tuo letto, o Daura! cupo il tuo sonno nella tomba. — Quando udiremo le tue canzoni, l’armoniosa tua voce? Levatevi, o brezze dell’autunno; levatevi, e soffiate attraverso la landa! Ruggite, o torrenti alpestri; ululate, o procelle, intorno ai boschi delle mie quercie! E tu, o luna, passeggia per mezzo ai rotti nugoli, e mostra a intervalli la tua pallida faccia! Tornami in mente la notte, allorchè tutti i miei figli perirono; allorchè Arindal, il gagliardo, cadeva; allorchè Daura, la vezzosa, s’estinse.
O Daura, figlia mia, com’era bello il tuo volto! bello come la luna sui colli di Fura, candido come vergine fiocco di neve; dolce come segreto spiro d’auretta. Ed