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menti e avutili in mano, e guardatili, non potè frenare il pianto. Si riassise e principiò la lettura.


«Astro della scendente notte! Bello è il tuo lume nell’occidente. Il tuo capo s’innalza intonso fuor delle nuvole: i tuoi passi sono maestosi sulla collina. Che vai tu guatando nella pianura? Il vento della procella è sedato: il murmure del torrente vien da lontano. Le onde rimugghianti s’arrampicano su per la discosta roccia. Gl’insetti della sera sono sulle loro debili ale: il loro ronzìo è sui campi. Chi vai tu guatando, o leggiadro lume? Ma tu sorridi, e t’allontani. Gioiosi ti vengono intorno i flutti: essi irrorano la tua vezzosa chioma. Addio, o taciturno raggio! E tu, o lume dell’anima di Ossian, or sorgi!