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302 werther.

che le si rivela sulla fronte, per le mie sofferenze, per la mia tacita rassegnazione?

Ieri, nel partirmi da lei, ella mi stese la mano. «Addio, caro Werther,» mi disse. — Era la prima volta ch’io m’udiva apostrofare con quell’epiteto di caro: e la parola mi corse le midolle e le ossa. Da indi in qua io me la sono ripetuta un centinaio di volte: e mentre io andava a riposarmi, frammezzo a mille altre chiacchiere mentali, m’è scappato detto a me stesso: «Buona notte, caro Werther!» — E ho riso poscia di tutto cuore della mia dabbenaggine.


22 novembre.

Non posso orare a Dio, perch’ei me la conceda, però ch’ella è cosa d’un altro: e nondimeno sovente