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292 | werther. |
mente, disperatamente all’ultima speranza. E quelle donne, o Guglielmo, ne novellavano come di merletti e di cuffie! la stessa indifferenza!
Strana razza l’umana! Io mi guardo dattorno, nella camera, e mi scorgo in mezzo alle vesti di Carlotta, e alle carte d’Alberto, e a queste suppellettili, a cui sono diventato ormai familiare, e fisso gli occhi sul calamaio che mi sta innanzi, e mi dico mestamente: Ecco ciò che tu sei oggidi, in questa casa: una parte integrante, a così dire, della famiglia: codesti amici t’onorano, tu sei la loro gioia, e il tuo cuore s’immagina ch’esso non potrebbe vivere senza di loro. E nondimeno, se la tua ora suonasse, quanto tempo durerebbero a sentir la tua perdita?