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270 | werther. |
bero venute sul labbro, dove non avesse irresistibilmente sentito il bisogno di sincerarmi ch’ei non era uomo nè perverso del tutto, nè del tutto insano. — E qui, amico, m’è forza ricantarti l’antica canzone che io intuonerò eternamente: perchè non m’è dato di ritrarre quest’uomo tal quale egli mi stava davanti, tal quale io lo veggo, nel momento ch’io scrivo? E potessi io ridirti tutto quello che mi si agita nel petto, affinchè tu sentissi la parte ch’io piglio, che necessariamente debbo pigliare alla sorte di costui! Se non che tu conosci anche la sorte mia, e conosci tutto me stesso, e però devi intendere la segreta simpatia che m’avvvicina a tutti i disgraziati, a questo disgraziato sopra tutto.
Rileggo il foglio, e m’avvedo di