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252 | werther. |
con tante care illusioni sfrondate, inaridite per sempre!
Mi sono veduto dinanzi il monte, sì sovente oggetto de’ miei desidèri più fervidi. Là, io m’era assiso le ore intiere, trasvolando coll’anima le selve e le vallate, che mi sorridevano da lungi amicamente allo sguardo, e a cui mandavo un addio, pieno di pensosa mestizia, quando l’istante scoccava di ravviarmi a casa. — E mi sono anche avvicinato alla città: ho salutato, una dopo l’altra, tutte le vecchie abitazioni de’ dintorni, incoronate di giardini, passando muto davanti a quelle che non mi ricordavano i dì della mia giovinezza; e provando quasi una segreta avversione per tutto quanto era nuovo, o rimutato di forme e di giacitura. Giunsi, infine, alle