Pagina:Goethe - Werther, 1873, trad. Ceroni.djvu/217


werther. 211

me medesimo. E’ non v’ha dubbio che, poichè noi siam tutti cosiffatti da mirar sempre a paragonare noi stessi con quanto ci sta dattorno, la felicità o la sventura non può essere che negli oggetti, coi quali siamo in termini di relazione, e però nulla di più pericoloso della solitudine. La nostra immaginazione, costretta per la propria natura ad elevarsi, pasciuta dalle idee fantastiche della poesia, si vien fabbricando una serie ascendente di esseri, di cui noi occupiamo l’infimo grado, e, tutto ciò che vive al di fuori di noi, ci appare alla pupilla della mente con colori più splendidi, con sembianze più perfette. E il negozio cammina di suo piede. Noi sentiamo spesso mancarci alcuna cosa, e allora ci pare che un altro appunto