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werther. | 195 |
della solitudine. Ancora mi ricorda la prima volta ch’io la visitava negli ardori del meriggio, e il senso che m’invase allora le fibre. Ah, un indistinto presagio mi susurrava nel cuore che il luogo sarebbe stato un giorno per me un asilo di soavi estasi e di dolore!
Una mezz’ora era forse passata, negli amari e dolci pensieri dell’addio e del ritorno, quando s’udì salire il terrazzo. Corsi incontro ai vegnenti; afferrai con un tremito la mano di Carlotta — e la baciai. Non sì tosto fummo sopra un’altra volta, che la luna fe’ capolino dietro ai cespugli del colle. Parlammo di varie cose; a poco a poco ci avvicinammo, senz’avvedercene, al-
troppo, non è voce d’universale accettazione in quel senso, tra noi. Supplisca adunque il lettore; e se la pergola gli désse più nel gusto, s’accomodi. (Il traduttore italiano.)